piero manzoni e l'economia del carnefice

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oggi vi parlo di un articolo di guido andrea pautasso sull'intellettuale dissidente su piero manzoni e l'economia del carnefice e le tre considerazioni

PIERO MANZONI E L'ECONOMIA DEL CARNEFICE

de piante editore ha da poco riscoperto e ripubblicato "l'economia del carnefice": scritto polemico con il quale manzoni attacca l'essenza totalitaristica del socialismo ed espone gli errori dell’economia pianificata.

il 1950 fu un anno di avvenimenti eccezionali: mentre in francia all’international astronautical congress si discuteva di viaggi spaziali e sull’esistenza di creature extra terrestri, gli stati uniti costruirono un nuovo ordigno atomico, la bomba h, e intervennero militarmente in corea del sud per fermare l’invasione delle truppe nordcoreane. sempre in america iniziò il maccartismo, campagna persecutoria anti comunista contro artisti, attori, intellettuali e scienziati. in Italia fu ucciso il bandito siciliano salvatore giuliano, e nella stanza di un albergo di torino venne rinvenuto il cadavere dello scrittore cesare pavese, suicidatosi con una forte dose di barbiturici. allora, il diciasettenne piero manzoni (soncino 1933 milano 1963) frequentava a milano il penultimo anno di studi al liceo classico dell’istituto leone XIII, la scuola della compagnia di gesù. l’istituto era stato scelto dai suoi genitori, valeria meroni e il conte egisto manzoni di chiosca e poggiolo, che avevano formato l’educazione di piero su valori aristocratici intrisi di un forte credo cattolico e fondati sul senso dell’impegno civile, della solidarietà e dell’amicizia. come raccontato dalla sorella elena, in un toccante libro intitolato caro piero (skira, 2014), durante la guerra suo padre era stato partigiano monarchico mentre gli zii avevano militato nelle brigate partigiane di “giustizia e libertà”, poi nel dopoguerra nel partito liberale italiano, e lei con i suoi fratelli giuseppe, giacomo e piero erano stati educati alla vita con grande senso di responsabilità.

alle elementari piero non destò mai problemi, anzi, le varie lodi dell’istituto conservate dalla famiglia testimoniano come fosse stato uno «scolaro dalla condotta modello»; mentre al liceo fu uno studente brillante, disciplinato, educato, dimostrando di essere al tempo stesso un allievo animato da atteggiamenti anticonformisti e instaurò un forte rapporto d’amicizia con alcuni compagni di scuola, in particolare con nanni balestrini, leo paolazzi (poi noto con l’alias antonio porta) e vanni scheiwiller. senza sapere di essere destinati a diventare i futuri rappresentanti dell’avanguardia artistica e letteraria milanese dei primi anni sessanta, con balestrini e porta riconosciuti poeti e scheiwiller importante editore, e con la compagnia degli amici liceali, manzoni condivise l’amore per il jazz indiavolato, per le feste danzanti in smoking ma anche per le osterie e per le belle ragazze.

a diciassette anni, piero stava lasciando l’adolescenza diventando un ragazzo scafato e intraprendente: amava viaggiare, andava ogni tanto al cinema e a teatro, suonava l’ocarina, adorava nuotare e andare in bicicletta, passava ore e ore a leggere i libri più disparati, spaziando dai romanzi visionari di salgari e di jules verne, dalle avventure di rudyard kipling e di g. k. chesterton ai racconti umoristici di p. g. wodehouse. e fu proprio ai tempi del liceo che piero scoprì la pittura dopo che sua madre gli aveva regalato una scatola di colori a olio; così cominciò a dipingere ritratti dei famigliari e alcuni paesaggi, ma fu una produzione di opere private slegate da quello che sarebbe stato il suo percorso artistico all’avanguardia; ed è stata la sorella elena, in caro piero, a precisare che pochissime opere figurative si salvarono dal gesto distruttore compiuto dal fratello quando questi cominciò a ragionare da artista avanguardistico puro.

sempre durante gli anni del liceo a piero venne una passione diversa e si entusiasmò per la politica vivendola come se fosse un momento speciale di riflessione intellettuale e filosofica che si andava ad affiancare alle attività para scolastiche del leone XIII. erano iniziative segnate dalla collaborazione come redattore alla rivista dell’istituto “giovinezza nostra”, dal volontariato svolto presso l’associazione caritativa cattolica san vincenzo e dalla partecipazione a manifestazioni di utilità sociali, come quando, nel novembre del 1951, assieme ad altri studenti della scuola, soprannominati eroicamente i magnifici “marines” del leone XIII, andò a soccorrere gli alluvionati del polesine. sempre nel 1950, piero aderì ai gruppi di preparazione sociale, noti con la sigla g.p.s., struttura in contatto con le associazioni cristiani lavoratori italiani e organizzata dagli istituti di istruzione cattolica come, oltre al leone XIII, i salesiani; il cenacolo, collegato all’associazione azione cattolica; il centro studi sociali san fedele; gioventù studentesca (pur essendo ai suoi albori e costituitasi a tutti gli effetti nel 1954) e l’aloisianum di gallarate e di varese.

a complemento della scuola, i g.p.s. erano frequentati da liceali che intendevano «prepararsi ad un’azione sociale da condurre un giorno parallelamente alla loro professione». piero si inserì perfettamente in quel gruppo di ragazzi che proiettavano il loro impegno giovanile verso il futuro, tanto da diventare uno dei rappresentanti studenteschi più in vista, e ad una adunanza fu espressamente indicato tra le guide del movimento giovanile: «a sinistra è leader antonio vetri, mentre a destra mefistofelicamente guarda piero manzoni».

sulla rivista ciclostilata a diffusione interna del movimento gipiessino, “gioventù sociale”, manzoni pubblicò l’articolo “l’economia del carnefice”, oggi riscoperto e ripubblicato dalla de piante editore a cura di guido andrea pautasso, con una puntuale scheda editoriale di irene stucchi e arricchito dalla splendida copertina realizzata appositamente a mano da aldo spinelli. si tratta di un articolo polemico sull’essenza totalitaristica del socialismo e sugli errori dell’economia pianificata socialista, con un’analisi ponderata che sottolineava le differenze esistenti tra la democrazia capitalista da una parte e il totalitarismo socialcomunista dall’altra, contrario al mercantilismo occidentale e al libero mercato. le considerazioni ideologiche manzoniane destarono scalpore tra le file dei gipiessini e un anonimo collaboratore, in un numero successivo della rivista, accusò manzoni di dimenticare il ruolo negativo svolto dall’individuo capitalista, giudicato anch’egli «carnefice» in quanto sfruttatore dei lavoratori e delle masse popolari al pari dello stato socialista. di fronte a quella critica, manzoni replicò con intelligenza ricordando che le vittime dei roghi medievali, dei campi di concentramento, dei lavori forzati e delle ingiustizie sociali, sono «conseguenza delle leggi degli uomini e non delle leggi dell’economia». il suo pensiero era lucidissimo, senza alcun tentennamento, perché come ricorda la sorella elena, provava un’istintiva antipatia verso tutti i totalitarismi.

l’impegno politico sui generis di piero ebbe però la durata di un lampo mentre continuò costante la sua attività di volontariato e di aiuto per gli indigenti. negli anni trascorsi all’università, manzoni cominciò a manifestare il desiderio di fare il pittore e di staccarsi dalla vita borghese in cui viveva: come traspare dal suo diario (electa, 2013), era il periodo in cui viaggiava molto in motocicletta o faceva l’autostop, si sentiva un beat, insomma, un vagabondo che fa la vita beata, e sembrò seguire «la via della ricerca della coscienza», una strada che in seguito si sarebbe manifestata anche attraverso le sue creazioni artistiche, opere catalogabili come idee e non come oggetti, e con gesti spiazzanti che vanno oltre la pittura e la scultura. di fatto manzoni non diventò un pittore in senso stretto, ma è stato oramai riconosciuto come protagonista assoluto dell’arte mondiale nell’ambito della cosiddetta nuova avanguardia novecentesca.

nel corso della vita, piero non si identificò mai in nessun schieramento politico, anche se durante gli studi universitari sembrò avvicinarsi al pensiero liberale e provò simpatia persino per l’interpretazione eretica di talune idee comuniste ma, in una pagina del diario, focalizzò l’attenzione sull’obiettivo che il comunismo avrebbe dovuto raggiungere nel corso degli anni scrivendo in maniera limpida: «Credo però che il comunismo debba rispettare l’individuo, e lo spirito di tolleranza e di libertà». ancora una volta manzoni, che non era né un rivoluzionario, né un ribelle, da giovane consapevole delle proprie scelte rimarcò quali erano i valori con i quali era stato cresciuto, che avevano formato il suo carattere, e che voleva che fossero di patrimonio comune, ovvero il rispetto, la tolleranza e la libertà.

in piena guerra fredda, piero si distaccò dalla politica e assunse un atteggiamento e uno stile di vita tipici dell’aristocratico anarchico, aperto a tutto ciò che costituiva un fenomeno di rottura con la società dell’italia democristiana dell’epoca, oltre che con la più ottusa ortodossia comunista. sempre più votato all’arte pura, alla fine degli anni cinquanta, manzoni collaborò con antonino (detto tonino) caputo, redattore di “il pensiero nazionale”, rivista alternativa dalla matrice ideologica eterodossa, nata dall’incontro tra le frange eretiche del partito comunista e del movimento sociale italiano.

eppure piero su “il pensiero nazionale” e su altri giornali non intervenne mai disquisendo delle ragioni della politica e, una volta, intervistato dalla giornalista adele cambria, alla domanda su quale fosse la tendenza politica degli artisti del movimento arte nucleare, di cui allora faceva parte, rispose:

la politica?? non ha nessun significato per noi, noi viviamo in un mondo avveniristico!!

piero manzoni

questo era piero manzoni, ragazzo disincantato e sensibile che non disprezzava l’impegno sociale e che, cosciente delle difficoltà della vita, era capace di scrivere sul suo diario: «comunque è un bel casino la politica, il mondo». e forse non aveva così torto.

la fonte = https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/arte/piero-manzoni-economia-del-carnefice/

le mie considerazioni su piero manzoni e l'economia del carnefice:

1. il fatto che il mercantilismo e il libero mercato siano considerati le soluzioni ideali, mi fa propendere per uno stato presente ma che lascia lavorare le sue imprese con una bassa tassazione
2. condivido anch'io con piero manzoni l'idea di libertà
3. mi sento esattamente come manzoni, non sono né una rivoluzionaria, né una ribelle, da giovane consapevole delle proprie scelte rimarco i valori con i quali sono stata cresciuta, che hanno formato il mio carattere, e che vorrei che fossero di patrimonio comune, ovvero il rispetto, la tolleranza e la libertà

vi lascio con l'articolo su piero manzoni e le mie tre considerazioni, così che possiate farvi un'idea vostra

una sognatrice che non smette di combattere ♡

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